
“Glielo” o “glie lo”: la forma corretta secondo la grammatica italiana
Nel complesso universo della grammatica italiana, una questione di non poco conto riguarda la corretta scrittura dell’unione tra due pronomi personali complemento: la forma glielo o la scrittura separata glie lo. Questo dubbio, molto diffuso soprattutto negli ambienti informali e nei social network, merita un chiarimento preciso per evitare errori comuni e per valorizzare la corretta struttura della lingua italiana contemporanea.
Pronomi personali complemento: distinzione tra pronomi tonici e atoni
Per affrontare il problema è fondamentale partire dalla distinzione tra pronomi tonici e pronomi atoni. I pronomi tonici, dotati di accento proprio, si pospongono generalmente al verbo, come nell’esempio: «Anna porta a lui un libro». Al contrario, i pronomi atoni si appoggiano foneticamente al verbo e lo precedono, salvo eccezioni come l’imperativo, l’infinito e il gerundio (ad esempio: «Anna gli porta un libro» o «portagli il libro!»).
La confusione nasce proprio nel momento in cui due pronomi atoni si uniscono: il caso tipico è quello di gli, pronome complemento di termine, unito a un altro pronome complemento oggetto come lo. Nella frase «Anna porta a Marco un libro», sostituendo «a Marco» con gli e «un libro» con lo, si ottiene la forma unificata:
Anna glielo porta.
La trasformazione da “gli” a “glie” e la corretta grafia
Quando il pronome gli (o le per il femminile) si combina con altri pronomi atoni come lo, la, li o le, si verifica una trasformazione fonetica e morfologica: gli diventa glie, fondendosi con il pronome successivo e generando forme composte quali:
- glielo (gli/le + lo)
- gliela (gli/le + la)
- glieli (gli/le + li)
- gliele (gli/le + le)
La forma corretta, consolidata nella lingua italiana, è dunque quella univerbata, ovvero scritta in un’unica parola senza spazi: glielo. La scrittura separata glie lo non trova giustificazione grammaticale o fonetica ed è da considerarsi un errore o una forma arcaica ormai superata.
Secondo le grammatiche più aggiornate, l’unione di glie con i pronomi diretti risponde a una necessità di chiarezza e coesione sintattica, e riflette la pronuncia naturale. L’italiano ha scelto di univerbare questa forma alla terza persona per evitare ambiguità, diversamente da quanto accade con pronomi come me lo o te lo, che mantengono la separazione grafica perché le forme unite esisterebbero come parole con significati diversi (ad esempio melo indica un frutto).
L’elisione con il verbo “avere” e questioni di genere
Quando glielo è seguito da un verbo del gruppo avere che comincia con la lettera h (come ho, hai, ha, hanno), si verifica un’elisione della vocale finale del pronome per facilitare la pronuncia e prevenire lo scontro tra vocali. Ne derivano forme come:
- gliel’ho
- gliel’hai
- gliel’ha
- gliel’hanno
In questi casi, la grafia corretta resta una sola parola, con l’apostrofo a indicare l’elisione e la presenza dell’h a mantenere la forma verbale di avere.
Un altro aspetto che genera spesso confusioni riguarda l’uso di glielo quando il destinatario è una donna. Contrariamente a quanto molti pensano, il termine glielo è corretto anche in questo caso. La fusione in glie avviene sia per il pronome maschile gli sia per quello femminile le, per cui la forma univerbata rimane invariata. Ad esempio:
«Paolo porta a Luisa un libro → Paolo le porta un libro → Paolo glielo porta.»
Il pronome lo si riferisce all’oggetto (il libro), non alla persona, e quindi la forma glielo è corretta anche se il destinatario è femminile.
Un dibattito linguistico e l’evoluzione della grafia
Nonostante le indicazioni della grammatica tradizionale, alcune voci contemporanee, anche tra scrittori e linguisti, propongono una revisione della grafia per motivi di coerenza logica, suggerendo di separare anche forme come glielo in glie lo. Tuttavia, questa proposta è ancora minoritaria e non ufficialmente riconosciuta.
La ragione storica e fonetica per cui l’italiano ha scelto di univerbare la terza persona è legata all’esigenza di evitare omografie e ambiguità: forme come melo, telo, celo sono già parole con significati propri, per cui non è stato possibile adottare un’unica parola anche per pronomi come me lo o te lo. Al contrario, per la terza persona l’unione in un’unica parola è stata possibile e adottata universalmente.
L’importanza della precisione linguistica
In un’epoca in cui la lingua italiana è sempre più influenzata da semplificazioni e contaminazioni esterne, mantenere la precisione grammaticale e la consapevolezza nell’uso dei pronomi personali complemento rappresenta un valore fondamentale. Non si tratta solo di un rispetto formale, ma di un riconoscimento della ricchezza e complessità di una lingua che ha saputo evolversi senza perdere la sua coerenza interna.
Per approfondimenti sulla questione, si rimanda all’autorevole articolo dell’Accademia della Crusca, che da sempre svolge un ruolo di riferimento per la corretta interpretazione e diffusione della lingua italiana.