
Attenzine ai social: rischi il licenziamento - ricominciodailibri
La Suprema Corte conferma: pubblicare contenuti sui social durante la malattia può costare il posto di lavoro. Ecco cosa sapere per non rischiare il licenziamento in tronco.
I social sono entrati nella nostra quotidianità e molte persone non trascorrono un solo giorno senza mettere un like, pubblicare un post o condividere un contenuto. Ormai sembra un gesto normale, persino banale ma è davvero così? Quello che pubblichiamo sui social è solo un momento di svago o come spesso accade, di semplice sfogo?
Non la pensano allo stesso modo i datori di lavoro, che sui social possono trovare la prova per giustificare un licenziamento immediato. Negli ultimi anni i tribunali hanno iniziato a guardare con sempre più attenzione al rapporto tra uso dei social network e obblighi contrattuali. La convinzione che “fuori dall’orario di lavoro posso fare quello che voglio” non è sempre valida: la reputazione aziendale, il vincolo di fiducia e le condizioni di salute durante un’assenza pesano più di quanto si creda.
Una recente sentenza della Cassazione ha infatti lo ha confermato: se un dipendente assente per malattia utilizza i social in modo incompatibile con lo stato dichiarato, o se pubblica contenuti che ledono l’immagine dell’azienda, può essere licenziato per giusta causa, senza preavviso né indennità.
Postare in malattia: un rischio concreto
Sembra incredibile ma la libertà di un dipendente non inizia neanche quando varca la porta di casa e ancora meno quando utilizza il suo smartphone. Il caso che ha acceso il dibattito riguardava un lavoratore in malattia che, anziché rispettare le prescrizioni mediche, pubblicava con regolarità foto e video in palestra. Un comportamento in palese contrasto con lo stato di salute dichiarato e che ha portato i giudici a ritenere compromesso il rapporto fiduciario con l’azienda.

Secondo la Cassazione, l’obbligo di correttezza e buona fede non si interrompe con la malattia: il dipendente deve non solo rispettare le fasce di reperibilità, ma anche adottare condotte che non rallentino la guarigione. Mostrarsi sui social in attività incompatibili con l’infortunio significa, di fatto, dimostrare una scarsa lealtà verso il datore di lavoro.
Non è un caso isolato. In altre decisioni, i tribunali hanno confermato licenziamenti per situazioni simili: chi chiede un permesso studio e poi pubblica foto in vacanza, chi si dichiara malato e viene visto a suonare in un locale, chi approfitta delle assenze per attività non compatibili con lo stato di salute. Tutti comportamenti che finiscono per incrinare il pilastro centrale del rapporto di lavoro: la fiducia.
Molti lavoratori credono che i social appartengano alla sfera privata, ma la giurisprudenza italiana dice il contrario. Pubblicare contenuti offensivi verso l’azienda, ironizzare sui propri superiori o condividere materiale discriminatorio può avere conseguenze pesanti, anche se si è a casa, nel tempo libero.